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Il femminicidio
Che la violenza sulle donne e, più in generale, il femminicidio siano tra le maggiori piaghe sociali in continua espansione nell’ultimo decennio è un dato di fatto.
Nella fattispecie il fenomeno sta raggiungendo numeri sempre più agghiaccianti: ogni 3 giorni una donna viene uccisa per mano di un uomo e ciò accade prettamente per ragioni di matrimoni falliti, abbandoni, tradimenti, divorzi.
Pur se le statistiche europee sul femminicidio non vedono il nostro Paese ai primissimi posti (vi è ad esempio la Finlandia in cui il tasso di criminalità verso le donne è circa cinque volte superiore rispetto a quello italiano).
I dati italiani confrontati con quelli europei non sono nemmeno confortanti.
LA CALABRIA TRA LE REGIONI IN CUI SI REGISTRANO NUMERI MINORI
Difatti in Italia, a fronte di una media di oltre 110 donne uccise all’anno dal 2010 ad oggi, soltanto nella prima metà del 2018 si sono già avute 44 vittime (e un aumento del 30 % rispetto al 2017 inerente allo stesso periodo) con ben 11 donne uccise in Lombardia, seguita dalla Campania (6 vittime), Piemonte (5 vittime), Lazio (4 vittime) e Toscana (3 vittime). Presenti, ma con numeri minori (1-2 per regione), anche Calabria, Veneto, Liguria, Abruzzo, Emilia Romagna, Sicilia, Puglia, Trentino Alto-Adige, Marche, Basilicata e Friuli Venezia-Giulia. Si tratta dunque di un fenomeno dilagante e che, molto spesso, trae origine da altre forme di violenza che vengono perpetrate contro le donne e che spaziano dalla violenza impulsiva (ossia con l’intenzione di uccidere solo in quel momento) a quella strategica, paranoidea (che prevede una progettualità di omicidio), fino a quella forse più frequente detta “narcisista” (che presuppone un senso di frustrazione dopo essere stati abbandonati).
TUTTO NASCE NELLA FAMIGLIA, SPESSO LE DONNE SUBISCONO LA VIOLENZA PASSIVAMENTE
E’ perciò quanto mai evidente che la violenza di genere, da cui deriva lo stesso femminicidio, nasce principalmente all’interno di relazioni intime e più propriamente nelle famiglie. La cosiddetta violenza intra-familiare, appunto, determina risvolti spesso tragici in cui, ad esempio, se un genitore maltratta suo figlio a sua volta egli maltratterà le donne in un turbine senza fine; è un dato di fatto che bambini che hanno subito violenze diventano uomini violenti. E poi ci sono le donne che, se in alcuni casi per fortuna, riescono a liberarsi da relazioni violente e a denunciarle, in molti altri non fuggono da uomini violenti, non si proteggono e sottovalutano segnali preliminari che spesso si erano palesati in modo estremamente chiaro. Di conseguenza sopportano passivamente la compagnia di uomini violenti sviluppando nei loro confronti una vera e propria dipendenza.
LA LEGGE 119/2013 PREVEDE PENE PIU’ PESANTI ED ESEMPLARI PER I COLPEVOLI DI FEMMINICIDIO E VIOLENZE
Ma se da un lato la riluttanza delle vittime a denunciare tale violenza fa sì che essa sia tutt’oggi un fenomeno spesso sommerso, difficile da accertare e reprimere, da un altro lato il legislatore ha finalmente manifestato maggiore sensibilità sul punto introducendo una serie di misure preventive e repressive al fine di prevenire la violenza sulle donne, proteggere le vittime e punire severamente i colpevoli.
Si tratta della legge n.119 del 2013 (c.d. legge sul femminicidio) che prevede innanzitutto un aumento del terzo della pena nei casi di “violenza domestica”, che si manifesta attraverso gravi atti non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica all’interno del nucleo familiare, ovvero nei casi di “violenza assistita” intesa come violenza sui minori costretti ad assistere ad episodi di violenza in danno di figure familiari di riferimento, principalmente quelli di cui è vittima la propria madre.
Sono inoltre previste, come misure del cosiddetto “piano antiviolenza”, l’arresto obbligatorio in caso di flagranza per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking, nonchè l’allontanamento dai luoghi domestici del coniuge (o compagno) violento, l’irrevocabilità della querela sporta dalla vittima (al fine di tutelarla dal rischio di intimidazioni che possano indurla a ritirarla) e il patrocinio legale gratuito per le donne che subiscono tali soprusi.
AVV. CANDELISE: AMPLIARE LE MISURE CAUTELARI DI NATURA DIDATTICO-EDUCATIVE
E’ evidente che si tratta di un primo passo, seppur incisivo, che però da solo non basta a reprimere queste angoscianti situazioni per le quali è necessario preliminarmente saper riconoscere anche il più piccolo segnale di violenza come messaggio prezioso per considerare quella storia una storia pericolosa, che potenzialmente mette a rischio il soggetto passivo, e che quindi andrebbe interrotta. Conseguentemente, al fine di rendere ciò più agevole, è d’obbligo un ampliamento di misure cautelari di natura didattico-educative allo scopo di prevenire tale odioso ed inaccettabile crimine sociale e una maggiore rapidità delle istituzioni nel dare un seguito tempestivo a querele che spesso rimangono invece per lungo tempo in attesa di essere vagliate.
Link Criminodinamica del delitto.
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Commento sul fenomeno del femminicidio
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Il femminicidio
Che la violenza sulle donne e, più in generale, il femminicidio siano tra le maggiori piaghe sociali in continua espansione nell’ultimo decennio è un dato di fatto.
Nella fattispecie il fenomeno sta raggiungendo numeri sempre più agghiaccianti: ogni 3 giorni una donna viene uccisa per mano di un uomo e ciò accade prettamente per ragioni di matrimoni falliti, abbandoni, tradimenti, divorzi.
Pur se le statistiche europee sul femminicidio non vedono il nostro Paese ai primissimi posti (vi è ad esempio la Finlandia in cui il tasso di criminalità verso le donne è circa cinque volte superiore rispetto a quello italiano).
I dati italiani confrontati con quelli europei non sono nemmeno confortanti.
LA CALABRIA TRA LE REGIONI IN CUI SI REGISTRANO NUMERI MINORI
Difatti in Italia, a fronte di una media di oltre 110 donne uccise all’anno dal 2010 ad oggi, soltanto nella prima metà del 2018 si sono già avute 44 vittime (e un aumento del 30 % rispetto al 2017 inerente allo stesso periodo) con ben 11 donne uccise in Lombardia, seguita dalla Campania (6 vittime), Piemonte (5 vittime), Lazio (4 vittime) e Toscana (3 vittime). Presenti, ma con numeri minori (1-2 per regione), anche Calabria, Veneto, Liguria, Abruzzo, Emilia Romagna, Sicilia, Puglia, Trentino Alto-Adige, Marche, Basilicata e Friuli Venezia-Giulia. Si tratta dunque di un fenomeno dilagante e che, molto spesso, trae origine da altre forme di violenza che vengono perpetrate contro le donne e che spaziano dalla violenza impulsiva (ossia con l’intenzione di uccidere solo in quel momento) a quella strategica, paranoidea (che prevede una progettualità di omicidio), fino a quella forse più frequente detta “narcisista” (che presuppone un senso di frustrazione dopo essere stati abbandonati).
TUTTO NASCE NELLA FAMIGLIA, SPESSO LE DONNE SUBISCONO LA VIOLENZA PASSIVAMENTE
E’ perciò quanto mai evidente che la violenza di genere, da cui deriva lo stesso femminicidio, nasce principalmente all’interno di relazioni intime e più propriamente nelle famiglie. La cosiddetta violenza intra-familiare, appunto, determina risvolti spesso tragici in cui, ad esempio, se un genitore maltratta suo figlio a sua volta egli maltratterà le donne in un turbine senza fine; è un dato di fatto che bambini che hanno subito violenze diventano uomini violenti. E poi ci sono le donne che, se in alcuni casi per fortuna, riescono a liberarsi da relazioni violente e a denunciarle, in molti altri non fuggono da uomini violenti, non si proteggono e sottovalutano segnali preliminari che spesso si erano palesati in modo estremamente chiaro. Di conseguenza sopportano passivamente la compagnia di uomini violenti sviluppando nei loro confronti una vera e propria dipendenza.
LA LEGGE 119/2013 PREVEDE PENE PIU’ PESANTI ED ESEMPLARI PER I COLPEVOLI DI FEMMINICIDIO E VIOLENZE
Ma se da un lato la riluttanza delle vittime a denunciare tale violenza fa sì che essa sia tutt’oggi un fenomeno spesso sommerso, difficile da accertare e reprimere, da un altro lato il legislatore ha finalmente manifestato maggiore sensibilità sul punto introducendo una serie di misure preventive e repressive al fine di prevenire la violenza sulle donne, proteggere le vittime e punire severamente i colpevoli.
Si tratta della legge n.119 del 2013 (c.d. legge sul femminicidio) che prevede innanzitutto un aumento del terzo della pena nei casi di “violenza domestica”, che si manifesta attraverso gravi atti non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica all’interno del nucleo familiare, ovvero nei casi di “violenza assistita” intesa come violenza sui minori costretti ad assistere ad episodi di violenza in danno di figure familiari di riferimento, principalmente quelli di cui è vittima la propria madre.
Sono inoltre previste, come misure del cosiddetto “piano antiviolenza”, l’arresto obbligatorio in caso di flagranza per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking, nonchè l’allontanamento dai luoghi domestici del coniuge (o compagno) violento, l’irrevocabilità della querela sporta dalla vittima (al fine di tutelarla dal rischio di intimidazioni che possano indurla a ritirarla) e il patrocinio legale gratuito per le donne che subiscono tali soprusi.
AVV. CANDELISE: AMPLIARE LE MISURE CAUTELARI DI NATURA DIDATTICO-EDUCATIVE
E’ evidente che si tratta di un primo passo, seppur incisivo, che però da solo non basta a reprimere queste angoscianti situazioni per le quali è necessario preliminarmente saper riconoscere anche il più piccolo segnale di violenza come messaggio prezioso per considerare quella storia una storia pericolosa, che potenzialmente mette a rischio il soggetto passivo, e che quindi andrebbe interrotta. Conseguentemente, al fine di rendere ciò più agevole, è d’obbligo un ampliamento di misure cautelari di natura didattico-educative allo scopo di prevenire tale odioso ed inaccettabile crimine sociale e una maggiore rapidità delle istituzioni nel dare un seguito tempestivo a querele che spesso rimangono invece per lungo tempo in attesa di essere vagliate.
Link Criminodinamica del delitto.